lunedì 20 agosto 2012

Back to School 13: descrivi una cosa che sai fare


Il nodo margherita è una cosa che so fare e, anche se è anni che non lo faccio più, lo potrei fare qui, adesso, sul momento, con qualsiasi corda, filo o cavo.
L’ho imparato ai tempi dei boyscout(s). È il primo che mi è venuto in mente. Ne so tanti altri: il nodo Savoia, il cappio, il nodo inglese, quello a bocca di lupo, il barcaiolo, il nodo piano, il cappuccino, la gassa d’amante, che ha un nome strano eppure è semplicissimo, ma il margherita lo saprei fare subito, al volo, a occhi chiusi. A occhi chiusi, davvero.
Però a spiegarvelo mi ci perdo subito, perché non ho il lessico, le parole giuste, quelle da speciliasta, mentre sempre lo specialista, l’esperto, lo riconosci dalle parole strane che dice mentre parla di cose che tu chiami in un altro modo. Per esempio: l’idraulico dice miscelatore indicando il rubinetto. Io ero solo un copione, un imitatore. Stavo zitto, neanche ascoltavo le parole. Osservavo, facevo, disfavo e rifacevo di nuovo. Ho imparato così e quindi farò un po’ di fatica e forse vi perderete per strada mentre procedo, quindi se alla fine non sapete fare il nodo, non prendetevela, ve l'avevo detto (excusatio non petita).
Un’altra cosa è che il nodo margherita è considerato un nodo di accorciamento. Cioè: per tenere una corda in tensione, invece che tagliarla e riannodarla di nuovo, basta fare un nodo margherita. Più grande il nodo, più tesa rimane la corda e più regge il nodo.
Gli usi sono i più svariati ma di preferen il nodo margherita è un nodo da barche, da yacht, anche se ora che ci penso sono stato solo su traghetti e motoscafi, al massimo in pedalò.
Non so nemmeno perché si chiama così.
Comunque ora ci provo: Prendete la corda a metà. Fate come se doveste fare una Esse (S) e poi intorno alle due onde cercate di chiuderci la corda, di farci un giro intorno con i lembi liberi. Con le dita della mano preferita chiudete la curva per creare un arco, un'asola, un ovale rivolto verso l’alto poi con le dita dell’altra mano tenetelo fermo mentre con la mano di nuovo libera fate la stessa cosa ma alla rovescio, con l’arco a testa in giù. Poi coi lembi liberi della corda, uno per parte, fate un giro intorno all'arco, passando la corda sotto in modo da "strozzare" l'arco. Importante, il giro di corda per fermare l'arco deve concludersi sotto e non sopra a dove è cominciato, altrimenti il nodo scivola e si scioglie. Prendete veloci i due lembi  della corda e tirate. Ecco il nodo.
Quando ero ai boyscout c’era un mio amico che era bravissimo nel fare tutti quei tipi di nodi che vi ho detto sopra e altri ancora ma anch’io, dopo essermi impegnato tanto, gli ero arrivato vicino. In vista di una gara di nodi, annunciata più volte dai capi reparto, quell'anno per settimane ci eravamo allenati, a occhi chiusi, dietro la schiena, alcuni si possono fare anche con una mano sola. Piano piano eravamo entrati in un clima agonistico pressante ma  leale, come tra scacchisti o lottatori e c’era chi scommetteva le caramelle o le partite ai videogame nelle nostre sfide prima del grande giorno. Ma il giorno della gara entrambi ci ritrovammo impegnati in una partita di basket (e giocavamo pure nella stessa squadra), quindi la gara la vinse quello che in realtà, se noi fossimo rimasti lì e non fossimo andati, sarebbe di sicuro arrivato terzo in gara.
Ancora adesso sarei curioso di sapere come s’è sentito quel vincitore, che sapeva benissimo di esserlo per cause esterne, non certo per bravura sua. Avrà pensato di essere una persona fortunata e magari per qualche giorno ha creduto di essere meglio di noi, impegnati altrove? Oppure ha accettato la vittoria senza darci peso, come fosse per caso? Assenti i due grandi rivali, smarrito nella tensione tra noi due, forse avrà avvertito l’inutilità e il vuoto di quel momento, di quella vittoria. E sarà stato un perfetto nodo margherita, umano.


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Karl Kraus