lunedì 13 agosto 2012

Back to School 12: descrivi tuo padre


Agosto 1992. Un caldo assurdo. Ho quasi tredici anni. Sono appena tornato da un campo estivo coi lupetti che subito mio papà, Franco, mi dice che adesso partiamo per raggiungere mia madre e mio fratellino al mare, a Cervia, o forse era Pinarella di Cervia. Tappa verso casa, metto giù lo zaino, la valigia me l’ha preparata già lui. “Andiamo in moto?” dico io. “Magari, ma la mamma non ci dormirebbe più” risponde. Mi piaceva andare in moto, sentire la velocità, piegarsi nelle curve, abbracciarlo forte perché tanto lui è forte e può reggere.

Ho comprato anche la moto, usata ma tenuta bene | 
Ho fatto il pieno in autostrada, prendo l’aria sulla faccia |

Mio Babbo adesso è quasi completamente calvo e gli piace stare rasato come Bruce Willis, dice lui, mentre da giovane aveva dei capelli lunghissimi, come i veri beat. Lo chiamavano lo Sgarbi simpatico ed è famoso in città per essere andato sedici volte al cinema a vedere Jesus Christ Superstar, ma a sentire altri sono diciassette o ventidue. A lui non lo chiedo più perché dice di non ricordarselo, e poi è più divertente così.  
Prima di partire mi regala un libro, è l’ultimo libro che mi regala, è anche il primo libro che mi regala da uomo a uomo. Suo padre mi ha regalato anni fa il Vecchio e il Mare. Lui ora mi regala Jurassic Park di Michael Crichton. È il mio primo libro da adulto ufficiale. Non contano più i libri dello zio sleggiucchiati di nascosto nel suo studiolo, che mi facevano venire le orecchie rosse. Ora ho un libro da grandi, da adulti tra le mani e mi piace il suo peso, la sua dimensione. Non credo nemmeno di averlo finito. Ma ormai ero un adulto sia che lo leggessi, sia che lo prestassi a mio babbo.

Son partito da Bologna, con le luci della sera | 
Forse tu mi stai aspettando, mentre io  attraverso il mondo |

Papà durante il viaggio mi aggiorna, su come stanno la mamma e Matteo, mio fratello, al mare, come stanno i nonni, cos’è successo di strano a Carpi in quei giorni, le novità, e sinceramente non le ricordo, ricordo solo che non ha parlato di sé, di questi giorni da solo a casa. Senza nessuno, a badare al giardino, ai gatti, alla casa. Si sarà sentito libero? Mio papà è buono, comprensivo, cerca sempre di farci andare d’accordo tutti in famiglia, ma è molto riservato. Lo capisci dai silenzi cosa vuole dirti. E l’ho imparato, tardi forse, ma l’ho imparato. Per radio il pezzo dell’estate è di uno col mio stesso nome.

Mare, mare mare, ma che voglia di arrivare lì | 
Da te, da te, sto accelerando e adesso ormai ti prendo | 
Mare, mare mare, sai che ognuno c’ha il suo mare dentro il cuore, | 
Sì… e ogni tanto gli fa sentire l’onda |

Nei normali silenzi del viaggio imparo tutta la canzone, e quando parla del mare dentro di sé io capisco cosa vuol dire, l’ho già sentito quel mare che ti rimescola tutto dentro, che ti scombina e poi ci metti un bel po’ a parlare. E anche la scena dopo.

Son finito qui sul molo, a parlare all’infinito | 
Le ragazze che sghignazzano, mi fan sentire solo | 
Sì, ma cosa son venuto a fare, ho già un sonno da morire 

Ma mio papà, lui si che ha un bel motivo per arrivare al mare, glielo leggo da sotto gli occhiali da sole e non vedo l’ora di averla anch’io da grande. Una persona speciale, un mare gemello, speciale, dove poter giocare alle maree e finire che non capisci più dov’è il suo mare e il tuo. Intanto posso leggere Crichton o far parlare il mio mare dentro col mare grande, chiedendo consigli.


Questo compito mi ricorda che son passati 20 anni da quel viaggio, che il mare gemello l'ho trovato e che qualcosa di me allora dodicenne è ancora fermo là.

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Karl Kraus