sabato 26 maggio 2012

Il caffè alla fine della via Emilia



Se vi capitasse un giorno di sole e vento caldo, che forse è solo un giorno d’estate che ha sbagliato data, di partire e di decidere di andare fino a Piacenza lungo la via Emilia [SS9], guardate bene i cartelli e scegliete la direzione giusta.
Confondersi in queste cose è un attimo e sotto il nome di Via Emilia i vari comuni e i vari paesi che sono nati lungo la via, forse per un delirante e rarissimo caso di autodeterminazione toponomastica, si sono divertiti a chiamare la Via Emilia in svariati modi, tutti evocativi. Vi può dunque capitare di viaggiare e leggere i cartelli Via Francesco Bacone e Via Federico Garcia Lorca rispettivamente uno da un lato e uno dall’altro della strada. Potreste ritrovarvi smarriti nei Via Emilia Ovest o Est di non sai più che paese e quindi più a Est di chi o più a Ovest di cosa, ma una volta che avete scelto la direzione, non cambiate rotta. Anche perché di meraviglie, di ruderi, di storture e stranezze, ecomostri e bar sport, ne siam certi, ne vedrete, in entrambe le direzioni, non starò qui a dilungarmi.
Ma un piccolo quesito io e il mio compagno di viaggio Emiliano (nomen omen) Zanichelli (al quale si deve questa e altre foto di queste scorribande sulla SS9) ce lo siamo  posto sulla campagna fidentina. Che è un quesito centrale in questi tempi di crisi. La domanda è: o noi non abbiamo capito niente della legge economica di domanda e offerta oppure non l’han capita bene questi qua che a 500 metri di distanza da due centri commerciali per negozi e uffici, queste strutture alte, ampie, anche ariose mi pare si dice, in vetro e cemento armato, che sono vuoti e sfitti, questi qua si mettono a costruirne un’altro ancora più grande e grosso. Le leggi della concorrenza forse, qui su questa via, non esistono. Forse chi viaggia su questa arteria galattica non confronta e non valuta, non punta al risparmio, protetto dal suo asciugamano.
Poi scoprirete o se avete già avuto modo di vagare per la nostra adorata regione, potete già immaginarlo: questa linea retta quasi infinita, questa sempiterna striscia a doppio scorrimento, finisce in una rotonda. La rotonda è quella cosa che toglie i semafori e vi fa fare un giro in tondo con la speranza di uscirne in una qualsiasi delle sue direzioni, purché, appunto, fuori dalla rotonda. Quando l’hanno esportata ci dicevano che la pagava l’Europa, ma ve lo spiegheremo meglio un’altra volta. Dicevo, al centro della rotonda c’è un monumento. Non vi mettiamo la foto, solo vi diamo un indizio: si chiama Piazzale Roma. Quando lo vedrete capirete di essere arrivati. Garantiamo anche per voi.
Il caffè alla fine della via Emilia si chiama Bar Roma ed è gestito da una ragazza e un ragazzo albanesi (ecco spiegata la foto). A bancone, in angolo, trovate un vassoio di uova sode una saliera. Tacito segnale che chi sta cercando un prosecchino con salatini per aperitivo, se lo può scordare, qui si pasteggia con la rakija. S., la ragazza alla macchinetta, passa con estrema facilità, senza quasi pensarci, dall’italiano all’abanese e viceversa. Alla nostra richiesta di conferma ci dice che questa non è la via Emilia, è Via Cristoforo Colombo (ennesimo travestimento della SS9). Ringraziamo e usciamo.
Fuori, nel piazzale sotto il sole, per un attimo, potreste chiedervi anche voi, come il genovese, se una volta arrivati a Rimini avrete fatto il giro del mondo.

Questo e altri post sul tema che ci auguriamo vi piaceranno fanno parte di un progetto collettivo sulla via emilia, che si chiama viaemiliadoc,  che è a caccia di fotografie, scritti, video, testimonianze su quest'incredibile strada e sul territorio che attraversa.  Per maggiori informazioni:

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